  


 |

SCHEDA
DI RESTAURO |
|
TITOLO: |
Vesperbild |
AUTORE: |
ignoto artista di ambito
austriaco |
DATAZIONE: |
prima metà del XV sec. |
COMMITTENTE: |
Parrocchia di Sesto al
Reghena |
DIREZIONE
LAVORI: |
dott. Paolo Casadio,
Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia |
PERIODO
DI RESTAURO: |
settembre 2003 – febbraio
2004 |
|
STATO
DI CONSERVAZIONE |
L’opera appariva
scarsamente leggibile a causa del pessimo stato di
conservazione della policromia molto frammentaria e
ricoperta da diversi strati di colore stesi nel corso del
tempo allo scopo di celare le lacune, le abrasioni e la
sporcizia.
L’intervento più recente,
risalente probabilmente agli anni ’50 o ’60 del secolo
scorso fu particolarmente dannoso: venne eseguita una
pulitura molto aggressiva per eliminare i depositi di sporco
e per rimuovere gli strati di ridipinture, senza peraltro
asportarli completamente; vennero ricostruite ampie parti di
modellato con gesso da presa steso grossolanamente ed infine
furono ricoperte tutte le superfici, comprese quelle che
ancora conservavano lacerti di policromia originaria, con
una stesura acrilica a grossolane righette.
|
PROBLEMATICHE
PRINCIPALI |
Il Vesperbild è un’opera di
estremo interesse, non solo per le sue caratteristiche
stilistiche – fa parte di un gruppo di otto sculture
raffiguranti la Pietà, realizzate in Friuli da artisti
tedeschi nella prima metà del XV sec – ma anche per la
tecnica esecutiva. E’ stato appurato, infatti, in seguito
alle indagini scientifiche realizzate nel corso del
restauro, che anche questo esemplare, come i Vesperbilden di
Gemona, Venzone, Cividale e S. Vito al Tagliamento, è
realizzato con la tecnica della cosiddetta “pietra colata” o
Gusstein, e non, come inizialmente sembrava, in
pietra arenaria naturale. Questo procedimento, diffuso in
Germania ma poco conosciuto in Italia, prevedeva l’utilizzo
di un materiale artificiale ottenuto colando in uno stampo
un impasto a base di gesso da presa, inerti e leganti
organici; la realizzazione dell’opera avveniva dopo
l’indurimento con gli strumenti consueti dello scultore
(scalpelli, gradine, bulini ecc.). L’osservazione
ravvicinata durante il restauro ha inoltre permesso di
individuare la sottile stesura a base di gesso e polvere di
marmo necessaria a uniformare la superficie prima della
stesura della policromia. |
|
INTERVENTO |
Oltre allo studio dei
materiali e della tecnica esecutiva effettuato attraverso
indagini chimico stratigrafiche e mineralogico-petrografiche,
l’intervento ha avuto lo scopo di migliorare la lettura
dell’immagine recuperando il modellato originale, in parte
nascosto da stuccature grossolane e debordanti, e
valorizzando i limitati lacerti di policromia antica.
Attraverso le indagini
scientifiche e l’osservazione diretta si è cercato di
ricostruire le svariate riedizioni succedutesi nel tempo:
sugli incarnati, ad esempio, si sono individuati sei
successivi strati caratterizzati da biacca, cinabro e olio
siccativo, sul manto blu, invece, alcune riedizioni di
azzurro e una nuova stesura a foglia d’argento.
Rimossa la ridipintura più
recente, che ricopriva indistintamente tutta la superficie,
è emersa una situazione molto confusa caratterizzata da
lacerti sporadici di colore del tutto privi di valenza
cromatica e materica.
Si è ritenuto, assieme alla
Direzione Lavori, di conservare tutte le tracce di colore
superstiti eccettuato alcuni piccoli ma fastidiosi residui
della ridipintura non completamente rimossa nel precedente
restauro.
L’integrazione pittorica ha
cercato di ridare unità di lettura alle diverse campiture:
si è optato quindi per un ritocco a rigatino sottotono che
“ricucisse” fra loro i frammenti superstiti recuperando lo
schema iconografico originario. |
|
IMMAGINI
E PARTICOLARI |
|
Prima
dell'intervento
|
Durante l'intervento di
disinfezione
|
Dopo
il restauro
|
|
|
|
|